LUMEN CHRISTI B23

L’Enciclica Redemptoris Mater (V)

La fede non ha soltanto una dimensione soggettiva, cioè non è soltanto una realtà che riguarda la crescita spirituale della persona, ma possiede una dimensione oggettiva, cioè ci permette di partecipare al mistero di Cristo; la Madonna ha vissuto pienamente tale partecipazione

1 – La partecipazione al mistero della Redenzione

Gv 19,25-30: con il testo di Luca, questo passo è fondamentale per intendere il ruolo di Maria nella Redenzione e nella vita della Chiesa.

La partecipazione di Maria presenta in primo luogo una dimensione affettiva: la Madre, cioè, partecipa alla sofferenza redentrice del Figlio, e lo fa in modo unico.

Come il mistero della caduta riguarda l’umanità quale uomo-donna, così quello della Redenzione associa Maria a Gesù.

RM n.19: “Sì, veramente… per mezzo di Maria”.

In tal senso Maria rappresenta tutta l’umanità in quanto si unisce a Cristo per mezzo della fede viva.

2 – Dalla maternità fisica a quella spirituale

È vero che la maternità fisica di Maria costituisce un privilegio del tutto singolare, ma il Vangelo insiste sul fatto che tale maternità si accompagna necessariamente alla cooperazione nella fede al mistero della Redenzione; in tal modo la maternità di Maria diventa spirituale.

Questo è il senso dei due brani del Vangelo che proclamano beati quelli che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica. Cooperando essa stessa al mistero del Figlio, mediante la fede, la Madonna va considerata la prima discepola.

RM n.20: “Se mediante la fede….o a chiunque altro”.

La presenza e l’intervento di Maria alle nozze di Cana ci indicano come la maternità di Maria riguardi pure i bisogni materiali dell’umanità; però, come nota il Santo Padre, la sollecitudine di Maria per i bisogni materiali è simbolica di una sollecitudine molto più ampia e più elevata verso tutti i bisogni dell’umanità.

RM n.21: “A Cana di Galilea… la vista”.

La mediazione di Maria prende quindi la forma dell’intercessione. Similmente la nostra mediazione tra Cristo e gli uomini deve prendere al tempo stesso la forma dell’intercessione e quella del servizio concreto.

Di tale mediazione testimonia il testo che abbiamo citato all’inizio della nostra meditazione. Attraverso la dichiarazione di Cristo, prendiamo conoscenza del posto eminente di Maria nei confronti della Chiesa e di tutti gli uomini: ella diventa Madre universale nell’ordine della grazia.

RM n.24: “Le parole che Gesù… il Figlio di Dio”.

Infine, come nota 1’enciclica, Maria è presente nel giorno della Pentecoste.


Passi Scritturistici

Gv 19,25-30

25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. 26Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». 27Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.
28Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: «Ho sete». 29Vi era lì un vaso pieno d’aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. 30E dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: «Tutto è compiuto!». E, chinato il capo, spirò.

RM n.19

Sì, veramente «beata colei che ha creduto»! Queste parole, pronunciate da Elisabetta dopo l’annunciazione, qui, ai piedi della Croce, sembrano echeggiare con suprema eloquenza, e la potenza in esse racchiusa diventa penetrante. Dalla Croce, come a dire dal cuore stesso del mistero della redenzione, si estende il raggio e si dilata la prospettiva di quella benedizione di fede. Essa risale «fino all’inizio» e, come partecipazione al sacrificio di Cristo, nuovo Adamo, diventa, in certo senso, il contrappeso della disobbedienza e dell’incredulità, presenti nel peccato dei progenitori. Così insegnano i Padri della Chiesa e specialmente sant’Ireneo, citato dalla costituzione Lumen Gentium: «Il nodo della disobbedienza di Eva ha avuto la sua soluzione con l’obbedienza di Maria; ciò che la vergine Eva legò con la sua incredulità la vergine Maria sciolse con la fede». Alla luce di questo paragone con Eva i Padri – come ricorda ancora il Concilio–chiamano Maria «madre dei viventi» e affermano spesso: «La morte per mezzo di Eva, la vita per mezzo di Maria».

RM n.20

Se mediante la fede Maria è divenuta la genitrice del Figlio datole dal Padre nella potenza dello Spirito Santo, conservando integra la sua verginità, nella stessa fede ella ha scoperto ed accolto l’altra dimensione della maternità, rivelata da Gesù durante la sua missione messianica. Si può dire che questa dimensione della maternità apparteneva a Maria sin dall’inizio, cioè dal momento del concepimento e della nascita del Figlio. Fin da allora era «colei che ha creduto». Ma a mano a mano che si chiariva ai suoi occhi e nel suo spirito la missione del Figlio, ella stessa come Madre si apriva sempre più a quella «novità» della maternità, che doveva costituire la sua «parte» accanto al Figlio. Non aveva dichiarato fin dall’inizio: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (Lc 1,38)? Mediante la fede Maria continuava ad udire ed a meditare quella parola, nella quale si faceva sempre più trasparente, in un modo «che sorpassa ogni conoscenza» (Ef 3,19), l’autorivelazione del Dio vivo. Maria madre diventava così, in un certo senso, la prima «discepola» di suo Figlio, la prima alla quale egli sembrava dire: «Seguimi», ancor prima di rivolgere questa chiamata agli apostoli o a chiunque altro (Gv 1,43).

RM n.21

A Cana di Galilea viene mostrato solo un aspetto concreto dell’indigenza umana, apparentemente piccolo e di poca importanza («Non hanno più vino»). Ma esso ha un valore simbolico: quell’andare incontro ai bisogni dell’uomo significa, al tempo stesso, introdurli nel raggio della missione messianica e della potenza salvifica di Cristo. Si ha dunque una mediazione: Maria si pone tra suo Figlio e gli uomini nella realtà delle loro privazioni, indigenze e sofferenze. Si pone «in mezzo», cioè fa da mediatrice non come un’estranea, ma nella sua posizione di madre, consapevole che come tale può – anzi «ha il diritto» – di far presente al Figlio i bisogni degli uomini. La sua mediazione, dunque, ha un carattere di intercessione: Maria «intercede» per gli uomini. Non solo: come madre desidera anche che si manifesti la potenza messianica del Figlio, ossia la sua potenza salvifica volta a soccorrere la sventura umana, a liberare l’uomo dal male che in diversa forma e misura grava sulla sua vita. Proprio come aveva predetto del Messia il profeta Isaia nel famoso testo, a cui Gesù si è richiamato davanti ai suoi compaesani di Nazareth: «Per annunciare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista…» (Lc 4,18).

RM n.24

Le parole che Gesù pronuncia dall’alto della Croce significano che la maternità della sua genitrice trova una «nuova» continuazione nella Chiesa e mediante la Chiesa, simboleggiata e rappresentata da Giovanni. In questo modo, colei che, come «la piena di grazia», è stata introdotta nel mistero di Cristo per essere sua madre, cioè la Santa Genitrice di Dio, per il tramite della Chiesa permane in quel mistero come la «donna» indicata dal libro della Genesi (Gn 3,15) all’inizio e dall’Apocalisse (Ap 12,1) al termine della storia della salvezza. Secondo l’eterno disegno della Provvidenza la maternità divina di Maria deve effondersi sulla Chiesa, come indicano affermazioni della Tradizione, per le quali la maternità di Maria verso la Chiesa è il riflesso e il prolungamento della sua maternità verso il Figlio di Dio.