LUMEN CHRISTI B 59

La Lettera Apostolica Mulieris dignitatem (IX)

Il grande mistero è quello del rapporto fra Cristo e la Chiesa, il quale ci rimanda al primo mistero dell’unione uomo-donna nel matrimonio: questi misteri si illuminano a vicenda: il mistero sponsale illumina il rapporto Cristo-Chiesa e il mistero Cristo-Chiesa permette di meglio definire il rapporto fra gli posi. Siamo quindi invitati a superare le prospettive sociologiche per fissare il nostro sguardo nel mistero stesso.

Il simbolo dell’amore sponsale serve a significare il rapporto di alleanza che Dio ha stretto fra sé e il Popolo di Dio; quando passa al tempo della Chiesa, è Cristo lo sposo a cui si riferisce la Chiesa

MD n.23: “Questa immagine… il grande mistero divino”.

Notiamo l’importanza fondamentale del sacramento del matrimonio: esso deve significare l’amore unico di Cristo per la Chiesa, amore perenne e senza pentimento.

1 – L’amore sponsale

Il Santo Padre legge il testo della Lettera agli Efesini a partire dal versetto 25 e soltanto dopo ricorda i versetti 22-24. Leggiamo tutto il testo e ci domanderemo il perché di tale procedimento.

Ef 5,22-33: “ha dato se stesso” = “ha consegnato se stesso”, darsi nelle mani dei nemici = sacrificare se stesso.

La, sottomissione della moglie al marito va intesa in funzione de1l testo precedente: Ef 5,21: “siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo”. Si può dunque concludere con il Santo Padre che non si tratta di una sottomissione unilaterale bensì di una sottomissione reciproca.
Perché l’invito ad amare è rivolto soltanto all’uomo?

  • L’uomo, di per sé è più propenso ad agire e quindi a dominare le cose e le persone; egli è quindi invitato a sacrificarsi per la moglie.
  • Il mistero dell’amore di Cristo per la Chiesa è più manifesto che non quello dell’amore della Chiesa per Cristo; il modo per la donna di amare è quindi meno chiaro.

MD n.24: “L’autore della Lettera agli Efesini… Genesi”.

2- La Chiesa sposa

Se la Chiesa va considerata la sposa di Cristo, tale simbolo femminile si applica a tutte le persone umane. In tale senso è la donna a simboleggiare per eccellenza il rapporto religioso di ogni persona umana a Dio. La donna, infatti, simboleggia l’interiorità della vita e l’accoglienza. In quanto la comunicazione della vita divina è dono gratuito ricevuto dalla persona umana, le si addice il simbolo della femminilità.

MD n.25: “Cristo è entrato… propria persona”.

Il simbolo dello sposo si addice a Cristo perché l’amore di Dio è comunicazione-dono; è quindi un operare di Dio fuori di se stesso e va simboleggiato dall’uomo che agisce per trasformare e fecondare.

MD n.25: “Cristo è lo Sposo… al pari dell’uomo”.


Passi Scritturistici

MD n.23

Questa immagine dell’amore sponsale insieme alla figura dello Sposo divino – un’immagine molto chiara nei testi profetici – trova conferma e coronamento nella Lettera agli Efesini (5,23-32). Cristo è salutato come sposo da Giovanni Battista (cfr. Gv 3,27-29): anzi, Cristo stesso applica a sé questo paragone attinto dai profeti (cfr. Mc 2,19-20). L’apostolo Paolo, che porta in sé tutto il patrimonio dell’Antico Testamento, scrive ai Corinzi: «Io, provo, infatti, per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo» (2Cor 11,2). L’espressione più piena, però, della verità sull’amore di Cristo redentore, secondo l’analogia dell’amore sponsale nel matrimonio, si trova nella Lettera agli Efesini: «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei» (5,25), ed in ciò riceve piena conferma il fatto che la Chiesa è la sposa di Cristo: «Tuo redentore è il Santo d’Israele» (Is 54,5). Nel testo paolino l’analogia della relazione sponsale va contemporaneamente in due direzioni, che compongono l’insieme del «grande mistero» («sacramentum magnum»). L’alleanza propria degli sposi «spiega» il carattere sponsale dell’unione di Cristo con la Chiesa; ed a sua volta questa unione, come «grande sacramento», decide della sacramentalità del matrimonio quale alleanza santa dei due sposi, uomo e donna. Leggendo questo passo, ricco e complesso, che è nell’insieme una grande analogia, dobbiamo distinguere ciò che in esso esprime la realtà umana dei rapporti interpersonali da ciò che esprime con linguaggio simbolico il «grande mistero» divino.

Ef 5,22-33

22Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore; 23il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo. 24E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto.
25E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, 26per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola, 27al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata. 28Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso. 29Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa, 30poiché siamo membra del suo corpo. 31Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola. 32Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa! 33Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito.

MD n.24

L’autore della Lettera agli Efesini non vede alcuna contraddizione tra un’esortazione così formulata e la costatazione che «le mogli siano sottomesse ai loro mariti come al Signore; il marito, infatti, è capo della moglie» (5,22-23). L’autore sa che questa impostazione, tanto profondamente radicata nel costume e nella tradizione religiosa del tempo, deve essere intesa e attuata in un modo nuovo: come una «sottomissione reciproca nel timore di Cristo» (cfr. Ef 5,21); tanto più che il marito è detto «capo» della moglie come Cristo è capo della Chiesa, e lo è al fine di dare «se stesso per lei» (Ef 5,25) e dare se stesso per lei è dare perfino la propria vita. Ma, mentre nella relazione Cristo-Chiesa la sottomissione è solo della Chiesa, nella relazione marito-moglie la «sottomissione» non è unilaterale, bensì reciproca!
In rapporto all’«antico» questo è evidentemente «nuovo»: è la novità evangelica. Incontriamo diversi passi in cui gli scritti apostolici esprimono questa novità, sebbene in essi si faccia pure sentire ciò che è «antico», ciò che è radicato anche nella tradizione religiosa di Israele, nel suo modo di comprendere e di spiegare i sacri testi, come, ad esempio, quello di Genesi (cap. 2).

MD n.25

Cristo è entrato in questa storia e vi rimane come lo Sposo che «ha dato se stesso». «Dare» vuol dire «diventare un dono sincero» nel modo più completo e radicale: «Nessuno ha un amore più grande di questo» (Gv 15,13). In tale concezione, per mezzo della Chiesa, tutti gli esseri umani – sia donne che uomini – sono chiamati ad essere la «Sposa» di Cristo, redentore del mondo. In questo modo «essere sposa», e dunque il «femminile», diventa simbolo di tutto l’«umano», secondo le parole di Paolo: «Non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28).
Dal punto di vista linguistico si può dire che l’analogia dell’amore sponsale secondo la Lettera agli Efesini riporta ciò che è «maschile» a ciò che è «femminile», dato che, come membri della Chiesa, anche gli uomini sono compresi nel concetto di «Sposa». E ciò non può meravigliare, poiché l’apostolo, per esprimere la sua missione in Cristo e nella Chiesa, parla dei «figlioli che partorisce nel dolore» (cfr. Gal 4,19). Nell’ambito di ciò che è «umano», di ciò che è umanamente personale, la «mascolinità» e la «femminilità» si distinguono e nello stesso tempo si completano e si spiegano a vicenda. Ciò è presente anche nella grande analogia della «Sposa» nella Lettera agli Efesini. Nella Chiesa ogni essere umano – maschio e femmina – è la «Sposa», in quanto accoglie in dono l’amore di Cristo redentore, come pure in quanto cerca di rispondervi col dono della propria persona.

MD n.25

Cristo è lo Sposo. Si esprime in questo la verità sull’amore di Dio che «ha amato per primo» (1Gv 4,19) e che col dono generato da questo amore sponsale per l’uomo ha superato tutte le attese umane: «Amò sino alla fine» (Gv 13,1). Lo Sposo – il Figlio consostanziale al Padre in quanto Dio – è divenuto figlio di Maria, «figlio dell’uomo», vero uomo, maschio. Il simbolo dello Sposo è di genere maschile. In questo simbolo maschile è raffigurato il carattere umano dell’amore in cui Dio ha espresso il suo amore divino per Israele, per la Chiesa, per tutti gli uomini. Meditando quanto i Vangeli dicono circa l’atteggiamento di Cristo verso le donne, possiamo concludere che come uomo, figlio di Israele, rivelò la dignità delle «figlie di Abramo» (cfr. Lc 13,16), la dignità posseduta dalla donna sin dal «principio» al pari dell’uomo.